Eduardo Scarpetta

l’infanzia

Eduardo Scarpetta nasce a Napoli il 13 marzo 1853 da Domenico, funzionario del Regno borbonico, ed Emilia Rendina.

È il terzo di quattro figli; dei primi due (Enrico e Giulia) non si hanno notizie concrete, se non il fatto che non vedessero di buon occhio la scelta del fratello Eduardo. L’ultima sorella di Eduardo Scarpetta, Ermenegilda (Gilda), seguì invece la strada del fratello; cominciò infatti a ricoprire piccoli ruoli nelle compagnie dove era scritturato il giovane Eduardo Scarpetta e in seguito nelle compagnie dirette dal fratello.

Con la morte del padre la famiglia iniziò a incontrare grosse difficoltà economiche, aggravate dallo sfratto dalla casa natale di via Santa Brigida. Dopo un lungo peregrinare si stabilirono in via della Salute, ma la permanenza in questa casa durò solo sei mesi poiché madre fu impressionata dai racconti del vicinato che imputavano alcuni strani avvenimenti alla presenza di un “monaciello”, cioè di un’anima dannata che vagava per la casa.

È proprio a questa vicenda che si ispirò Eduardo De Filippo nella sua commedia “Questi fantasmi”. La famiglia Scarpetta continuò a cambiare casa fino al definitivo approdo al vico Santa Monica, 7. Fu un’infanzia di stenti e povertà per il piccolo Eduardo Scarpetta che ben presto dovette staccarsi dalla famiglia iniziando la sua carriera d’attore per contribuire al sostentamento di questa.

gli esordi

Fin dalla più tenera età Eduardo Scarpetta si divertiva a far recitare dei pupi di pezza in un teatrino di legno da lui costruito, e spesso coinvolgeva la piccola sorellina Gilda facendola assistere a degli spettacolini da lui messi su.

Fu all’età di 9 anni che Eduardo Scarpetta assistette alla prima vera rappresentazione teatrale; il padre, infatti, lo portò al teatro San Carlino dove si stava rappresentando la recita pomeridiana della compagnia di Antonio Petito.

Il contatto con Pulcinella (maschera della quale Antonio Petito fu il più grande interprete) non fu dei più felici. Infatti quel naso ricurvo, quelle rughe della fronte e quell’espressione un po’ inquietante della maschera, turbarono non poco il piccolo Eduardo Scarpetta.

Ma assistere a quella rappresentazione costituì per lui la scoperta di un mondo nuovo e, accantonati pupi e teatrini di legno, cominciò ad avvertire l’esigenza di rendere più concreta questa sua passione.

Cominciava così a nascere in Eduardo Scarpetta “il fuoco sacro” del teatro.

All’età di 14 anni fu scritturato dall’impresario Salvatore Mormone e, dopo qualche giorno, debuttò al teatro San Carlino nella commedia “Cuntiente e guaje”, dove interpretava il ruolo di un fattorino che aveva due o tre battute.

Da quel momento si aprì per lui una strada ricca di soddisfazioni; infatti cominciò a riscuotere le simpatie del pubblico e farsi notare per il suo giovane talento; e, dopo qualche tempo, lo stesso Antonio Petito (che inizialmente si era rifiutato di instradarlo al mestiere di attore) lo scritturò, adattando su di lui il personaggio di Felice Sciosciammocca che affiancava Pulcinella nelle sue divertenti avventure.

Antonio Petito scrisse infatti per lui alcune farse, fra cui le più note sono “Feliciello mariuolo de ‘na pizza” e “Felice Sciosciammocca creduto guaglione ‘e n’anno”. Il nome Sciosciammocca, che letteralmente significa «soffia in bocca», descriveva perfettamente il tipo di personaggio che, un po’ allocco, un po’ svampito, cercava di districarsi da una serie di equivoci e di guai nei quali veniva immancabilmente a trovarsi, ma fu Eduardo Scarpetta a conferirgli le caratteristiche di personaggio a tutto tondo che negli anni gli tributarono tanto successo. “Don Felice” cominciò a essere conteso da tutti gli impresari di Napoli mietendo un successo dopo l’altro e conquistandosi i favori della critica.

All’epoca la paga per un attore era davvero misera, ma, soldo dopo soldo, recita dopo recita, Eduardo Scarpetta riuscì a mettere da parte una somma tale da permettergli il grande passo: mettere su una compagnia tutta sua.

il nuovo San Carlino

Il giovane Eduardo Scarpetta continuava a essere scritturato dalle più note compagnie napoletane e non a essere enormemente acclamato dal pubblico: Antonio Petito era ormai morto già da qualche anno e insieme con lui erano terminati i tempi del “tutto esaurito” al San Carlino. Gli incassi erano sempre più miseri e presto si diffuse la voce di una imminente chiusura del teatro.

Eduardo Scarpetta aveva ventisette anni circa all’epoca e, stanco del continuo girovagare da una compagnia all’altra, da un teatro all’altro, senti sempre più forte il bisogno di una stabilità. Decise così di rilevare e rimettere completamente a nuovo il teatro San Carlino ridotto ormai allo sfacelo.

Furono non pochi i sacrifici, ma con un prestito di cinquemila lire da parte dell’avvocato Francesco Severo i lavori di restauro, diretti dall’ingegnere Aiello, poterono cominciare. Nel settembre del 1880 Eduardo Scarpetta riapre così lo storico teatro di piazza Castello, completamente rinnovato nell’aspetto e nel repertorio.

Eduardo Petito
Eduardo Scarpetta

Anche i gusti del pubblico, infatti, erano nel frattempo cambiati; “la gente voleva ridere”, ma in modo diverso. Il repertorio della tradizione napoletana era diventato obsoleto e gli intrecci troppo ingenui, legati com’erano a quell’epoca romantica ormai in declino.

Eduardo Scarpetta cominciò così a scrivere commedie brillanti ispirandosi ai vaudevilles della belle époque che in Francia “dettavano moda”.

Le sue non erano semplici traduzioni dal francese al napoletano, ma erano riletture complete che lasciavano intravedere solo l’intreccio dell’originale; i caratteri, le battute, erano completamente reinventate dalla feconda fantasia di quel giovane e nascente talento che aveva capito qual era l’esigenza del pubblico: ridere con intelligenza.

Da quel primo debutto al San Carlino iniziò per Eduardo Scarpetta la grande scalata che avrebbe definitivamente suggellato la sua fama.

Per più di cinquant’anni Eduardo Scarpetta calca le scene dei più grandi teatri italiani, inventando un nuovo modo di far ridere.

Il successo non l’abbandonò mai e della sua città diventò il “re borghese”, colui che era capace di tutto e da cui c’era da aspettarsi qualsiasi “pazzaria”. Potere, denaro, fama e il suo innato ottimismo lo accompagnarono per sempre.

E fu proprio grazie alla sua placida imperturbabilità che superò gli ostacoli che inevitabilmente incontrò per la sua strada.

Anche i gusti del pubblico, infatti, erano nel frattempo cambiati; “la gente voleva ridere”, ma in modo diverso. Il repertorio della tradizione napoletana era diventato obsoleto e gli intrecci troppo ingenui, legati com’erano a quell’epoca romantica ormai in declino.

Eduardo Scarpetta cominciò così a scrivere commedie brillanti ispirandosi ai vaudevilles della belle époque che in Francia “dettavano moda”.

Le sue non erano semplici traduzioni dal francese al napoletano, ma erano riletture complete che lasciavano intravedere solo l’intreccio dell’originale; i caratteri, le battute, erano completamente reinventate dalla feconda fantasia di quel giovane e nascente talento che aveva capito qual era l’esigenza del pubblico: ridere con intelligenza.

Da quel primo debutto al San Carlino iniziò per Eduardo Scarpetta la grande scalata che avrebbe definitivamente suggellato la sua fama.

Per più di cinquant’anni Eduardo Scarpetta calca le scene dei più grandi teatri italiani, inventando un nuovo modo di far ridere.

Il successo non l’abbandonò mai e della sua città diventò il “re borghese”, colui che era capace di tutto e da cui c’era da aspettarsi qualsiasi “pazzaria”. Potere, denaro, fama e il suo innato ottimismo lo accompagnarono per sempre.

E fu proprio grazie alla sua placida imperturbabilità che superò gli ostacoli che inevitabilmente incontrò per la sua strada.

Eduardo Scarpetta